1816, naufragio di una nave francese diretta verso il Senegal
La zattera della Medusa
Lettura del quadro
Nel luglio del 1816
la fregata francese "Medusa" naufraga al largo delle coste del
Senegal. Centoquarantasette disperati cercano la salvezza su una zattera che
viene abbandonata in mare con pochissimi viveri. Per dodici giorni i superstiti
si dilaniano, si uccidono, si cibano gli uni degli altri. All'alba del 17
luglio, ne vengono tratti in salvo appena quindici, sopravvissuti a quella
terribile carneficina originata dalla disorganizzazione, dall'insipienza dei
comandanti e alimentata dalla folle disperazione dei naufraghi.
Théodore Géricault
decide di usare quel crudo episodio di cronaca per un quadro che cambierà
l'idea di pittura. Anch'egli naufrago dell'esistenza, con alle spalle una
disperata e sfortunatissima storia d'amore, per nove mesi si chiude nel suo
studio e lavora all'enorme tela di cinque metri per sette.
Gèricault decide di mettere in
risalto un momento particolare di tutta la vicenda, ovvero la zattera della Medusa, proprio nel
momento in cui c’è un primo avvistamento da parte della nave mandata in
soccorso dei pochi sopravvissuti e le reazioni dei naufraghi. Tutto il quadro è
dominato da un grande numero di corpi che si allacciano tra loro, disperati,
alla ricerca della salvezza, quasi in una sorta di battaglia e di tensione che
sale, fino a giungere al punto più in alto dove c’è un uomo che cerca di
segnalare la propria posizione all’Argus.
All’altro capo della nave c’è già qualche cadavere, corpi che ormai sono
allo sfacelo e chi lotta per mantenersi sull’ultima speranza rappresentata
dalla zattera stessa. La struttura formata da tutti questi corpi è una vera e
propria piramide umana con
alla punta l’uomo citato in precedenza e all’interno di questa si vedono tutte
le reazioni durante la catastrofe. Analizzando da un punto di vista prettamente
tecnico la zattera della
Medusa tutta la scena è coperta da un’ombra provocata da una nuvola
che è possibile scorgere nella parte in alto a destra del quadro; ci sono poi
due diagonali che partono dalla base della zattera e che vanno in due punti
differenti, ovvero l’albero
maestro della zattera e la camicia agitata come segnale dal naufrago. In tutto il quadro
poi dominano anche due spinte contrapposte, dove da una parte ci sono alcuni
uomini che cercano in ogni modo di salvarsi segnalando alla nave dove si
trovano, alla ricerca di una possibile
salvezza mentre dall’altra parte parallelamente ci sono coloro che
già hanno abbandonato questo dispendio di energie e si abbandonano (come si
nota con il ragazzo in basso a sinistra che è sdraiato e stremato). A rendere
ancora più amaro questo quadro e la salvezza troppo lontana è la vela della nave che si gonfia nella
direzione opposta a quella dove i naufraghi stanno segnalando: questo è un
chiaro esempio che la sorte è avversa e non c’è alcun modo per salvarsi. (Lettura dell’opera tratta da Arteworld, a
cura di Dario Mastromattei)
2015, una delle tante barche che dall'Africa si dirigono verso l'Europa, con un carico di uomini disperati.
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