Socrate e Critone, tratto dal Critone, dialogo scritto da Platone.
Socrate è in attesa della esecuzione della condanna a morte. Nella sua cella riceve la visita di Critone, suo caro amico, che lo esorta ad accettare l'aiuto che stanno offrendogli i suoi discepoli che vorrebbero salvargli la vita. Socrate, adottando prima il metodo maieutico e poi incalzando l'amico con un ragionamento di inoppugnabile logicità, rifiuta l'aiuto offertogli, ponendosi come primo obiettivo quello di aderire e seguire le leggi della città.
Parallelo all'estratto dal dialogo platonico si segnala l'url di un video di youtube in cui è possibile vedere la scena tratta da un film del 1939, di Corrado D'Errico, dal titolo "Processo e morte di Socrate", che ripropone in modo fedele le parole e la situazione descritte nel testo di Platone.
La forte enfasi dedicata al finale richiamo all'amore patrio come bene supremo, non può non essere associata allo spirito dell'epoca e al contenuto propagandistico insito in diversi film realizzati nell'ambito del fascismo. Socrate è interpretato dal grande attore dell'epoca Ermete Zacconi.
SOCRATE.
O caro Critone, il tuo zelo (sarebbe) molto apprezzabile se fosse con
un po' di correttezza; e se no, quanto più grande, tanto più
riprovevole. Bisogna dunque che noi vediamo se queste cose (sono) da
fare o se no; perché io non ora per la prima volta ma anche sempre
(sono) tale che a nessun altro dei miei ragionamenti dò retta che al
ragionamento che a me, ragionandoci, sembri il migliore. Certamente i
discorsi che facevo in passato non posso ora buttarli via perché mi
è capitata questa sorte, ma mi sembrano più o meno uguali, e
rispetto e stimo gli stessi che anche prima; e se in questo momento
non ne abbiamo di migliori di questi da fare, sappi bene che
certamente non ti darò retta, neppure se il potere dei più ci
spaventasse, come bambini, con spauracchi più numerosi di quelli ora
presenti, mandandoci contro incarcerazioni e condanne a morte e
confische di denaro. Come dunque potremmo esaminare nel modo più
assennato queste questioni? Se innanzitutto riprendiamo questo
discorso che tu fai riguardo alle opinioni. Si diceva forse bene ogni
volta o no, (dicendo) che ad alcune delle opinioni bisogna prestare
attenzione, e ad altre no? Oppure prima che io mi trovassi a dover
morire si diceva bene, e invece adesso è risultato dunque chiaro che
si diceva in un altro senso, per chiacchiera, ed era in verità uno
scherzo e una sciocchezza? Ma io desidero indagare insieme con te, o
Critone, se il discorso mi apparirà un po' cambiato, poiché mi
trovo in questa situazione, oppure lo stesso, e se lo butteremo via
oppure gli daremo ascolto. E si diceva più o meno sempre così, come
io credo, da parte di coloro che ritengono di dire qualcosa di
sensato, come dicevo io proprio adesso, (cioè) che delle opinioni in
cui gli uomini credono alcune bisogna tenerle in grande
considerazione, altre invece no. Questo per gli dei, o Critone, non
ti sembra che sia ben detto? - Tu infatti, almeno stando all'umana
verisimiglianza, sei fuori dal dover morire domani, e non potrebbe
condizionarti la presente contingenza; considera allora - non ti
sembra che si dica opportunamente dicendo che non bisogna apprezzare
tutte le opinioni degli uomini, ma alcune (sì), e altre invece no,
né (quelle) di tutti, ma di alcuni (sì), e di altri invece no? Che
dici? Queste cose non sono ben dette? Tu infatti, stando alle
situazioni umane, sei al di fuori dall'essere sul punto di morire
domani, e non potrebbe portarti fuori strada la presente circostanza;
considera allora - non ti sembra che si dica opportunamente (dicendo)
che non tutte le opinioni degli uomini bisogna apprezzarle, ma alcune
(sì) e altre no, né di tutti, ma di alcuni (sì), e di altri no?
Cosa dici? Queste cose non sono ben dette?
CRITONE Sì, bene.
SO. Dunque bisogna apprezzare quelle buone, e quelle cattive no?
CR. Sì.
SO. E buone non (sono) quelle dei saggi, e cattive quelle degli sciocchi?
CR. E come no?
SO. Ma dimmi, come allora si dicevano le cose di questo genere? Un uomo che si dedica alla ginnastica e che pratica questa attività presta attenzione all'elogio e al biasimo e all'opinione di qualsiasi uomo o di quell'unico solo che si trovi ad essere medico o allenatore?
CR. Di quell'unico solo.
SO. Dunque bisogna temere i rimproveri e gradire gli elogi di quell'unico e non quelli dei più.
CR. Evidentemente.
SO. Dunque egli deve agire e allenarsi e mangiare e bere in quel modo in cui sembri opportuno a quell'unico, all'esperto e intenditore, piuttosto che nel modo in cui (sembri opportuno) a tutti quanti gli altri.
CR. È così…
CRITONE Sì, bene.
SO. Dunque bisogna apprezzare quelle buone, e quelle cattive no?
CR. Sì.
SO. E buone non (sono) quelle dei saggi, e cattive quelle degli sciocchi?
CR. E come no?
SO. Ma dimmi, come allora si dicevano le cose di questo genere? Un uomo che si dedica alla ginnastica e che pratica questa attività presta attenzione all'elogio e al biasimo e all'opinione di qualsiasi uomo o di quell'unico solo che si trovi ad essere medico o allenatore?
CR. Di quell'unico solo.
SO. Dunque bisogna temere i rimproveri e gradire gli elogi di quell'unico e non quelli dei più.
CR. Evidentemente.
SO. Dunque egli deve agire e allenarsi e mangiare e bere in quel modo in cui sembri opportuno a quell'unico, all'esperto e intenditore, piuttosto che nel modo in cui (sembri opportuno) a tutti quanti gli altri.
CR. È così…
SOCRATE:
E
se le Leggi
dicessero: «Ma erano questi i nostri patti,
Socrate,
o non piuttosto
che tu avresti rispettato le sentenze
che la tua patria
avrebbe emesse?»
E se
noi, a queste parole,
mostrassimo di meravigliarci, forse, esse potrebbero dirci: «Non
stupirti di questo che abbiamo detto,
Socrate,
ma rispondici, perché, proprio tu, conosci bene
il sistema di far domande
e di replicare. E allora, che cosa rimproveri
a noi e allo Stato,
tu che tenti
di distruggerci?
Che forse non devi
a noi, prima di tutto, la tua nascita? Non fummo noi a regolare
l'unione di tuo padre
e tua madre
che poi ti generarono? Rispondi,
hai qualcosa da ridire contro quelle leggi
che regolano i matrimoni? Non ti vanno forse bene?»
«E
contro quelle che presiedono alla cura
dell'infanzia e alla sua educazione,
quella che tu stesso hai ricevuto?
Erano, forse, cattive
quelle leggi
istituite per questo e che obbligavano tuo padre
a educarti nella musica e nella ginnastica?»
«Bene.
E dal momento che sei venuto al mondo,
che sei stato
allevato
ed educato,
come puoi dire
di non essere,
prima di tutto, creatura nostra, in tutto obbligato a noi, tu e i
tuoi antenati? E, se questo è vero,
pensi
proprio di avere i nostri stessi diritti,
tu, di poter legittimamente fare a noi ciò che noi decidiamo nei
tuoi riguardi?
Verso tuo padre
o verso il tuo padrone - se per caso
ne hai avuto uno - non avevi i loro stessi diritti;
tu non potevi comportarti con loro come loro si comportavano con te,
ai rimproveri
non potevi rispondere,
alle percosse
non potevi, a tua volta,
percuotere, nulla di tutto questo. Però, verso la patria
e verso le sue leggi,
secondo
te, tutto questo, sì, ti sarebbe concesso;
così che se noi crediamo giusto
che tu muoia,
anche tu, dal canto
tuo, puoi mandarci in rovina, noi, le tue leggi
e la tua patria
e, così facendo, dire
che è giusto,
tu proprio, che sei al servizio
della virtù?
«Ma
sei così sapiente da non sapere che la patria
è tanto più nobile, più veneranda e più santa
della madre
e del padre
e di tutti i nostri avi e che da dio
e dagli uomini
di sano
intelletto è tenuta nella più alta considerazione,
che bisogna rispettarla, venerarla, blandirla quando è in collera,
più che il padre,
convincerla dei suoi torti
o fare ciò che essa comanda,
sopportare
in silenzio
ciò che essa ci ordina di sopportare,
percosse,
carcere
e se ci manda in guerra per essere
feriti o uccisi, accettare
anche questo, perché così è giusto,
senza sottrarci, né cedere, né abbandonare il nostro posto
ma, sia in battaglia che in tribunale,
come in ogni altro luogo,
fare quello che la patria
comanda
o, tutt'al più, persuaderla da che parte
è la giustizia,
ma non farle violenza: non è lecito
farla alla madre
o al padre
e tanto meno alla patria.»
SOCRATE:
E le Leggi,
probabilmente,
continuerebbero: «Vedi,
Socrate,
che non è giusto,
da parte
tua, se è vero
ciò che diciamo,
quel che tu stai facendo nei nostri riguardi.
Perché noi che ti abbiamo messo al mondo,
che ti abbiamo allevato
ed educato,
che ti abbiamo fatto
partecipe, con tutti gli altri cittadini,
di tutti i beni
che potevamo procacciarti, noi dichiariamo
che chiunque degli ateniesi
lo voglia, può trasferirsi dove più gli aggrada, con tutti i suoi
beni
se, una volta
raggiunti i diritti
civili e conosciuti gli ordinamenti dello Stato
e noi stesse, le Leggi,
non ci trovi di suo gradimento. Nessuna di noi vi impedisce di
trasferirvi, magari,
in una colonia, se non vi andiamo a genio,
o in qualche altro luogo
che vi piaccia, portandovi appresso le vostre sostanze; ma chi di voi
rimane,
riconoscendo il nostro modo di amministrare la giustizia
e gli affari dello Stato,
si impegna all'obbedienza
di ciò che noi comandiamo,
altrimenti dichiariamo
che commette tre volte
ingiustizia,
prima perché non obbedisce
a noi che gli abbiamo dato
la vita,
poi perché lo abbiamo allevato
e infine perché, dopo essersi impegnato
all'obbedienza,
né ci persuade dei nostri torti
eventuali, né ci obbedisce
e mentre noi comandiamo
con mitezza e lasciamo a lui la scelta tra le due soluzioni, o di
persuaderci, cioè, o di obbedirci, egli non fa né l'una né l'altra
cosa.»
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