mercoledì 25 novembre 2020

Simposio, Platone, testi estratti, i due miti di Eros e degli androgini

 

Platone, SIMPOSIO 

Mito della nascita di Eros (203b-203e)

Nel Simposio di Platone (428-347 a. C.), dopo aver banchettato e aver allontanato le donne, Socrate e i suoi allievi discutono sulla natura e sulla funzione dell’amore. Ma ad una donna, la sacerdotessa Diotìma, di cui Socrate riferisce le parole, viene attribuita la teoria della nascita d’Amore. Eros è figlio di Pòros e Penìa. Non è mai povero, ma neanche è mai ricco, ed è una via di mezzo tra la sapienza e l’ignoranza.

È una lunga storia - mi disse -. Adesso te la racconto. Il giorno in cui nacque Afrodite, gli dèi si radunarono per una festa in suo onore. Tra loro c'era Poros, il figlio di Metis. Dopo il banchetto, Penìa era venuta a mendicare, com'è naturale in un giorno di allegra abbondanza, e stava vicino alla porta. Poros aveva bevuto molto nettare (il vino, infatti, non esisteva ancora) e, un po' ubriaco, se ne andò nel giardino di Zeus e si addormentò. Penìa, nella sua povertà, ebbe l'idea di avere un figlio da Poros: così si sdraiò al suo fianco e restò incinta di Eros. Ecco perché Eros è compagno di Afrodite e suo servitore: concepito durante la festa per la nascita della dea, Eros è per natura amante della bellezza - e Afrodite è bella. Proprio perché figlio di Poros e di Penìa, Eros si trova nella condizione che dicevo: innanzitutto è sempre povero e non è affatto delicato e bello come si dice di solito, ma al contrario è rude, va a piedi nudi, è senza casa, dorme sempre sulla nuda terra, sotto le stelle, per strada davanti alle porte, perché ha la natura della madre e il bisogno l'accompagna sempre. D'altra parte, come suo padre, cerca sempre ciò che è bello e buono, è virile, risoluto, ardente, è un cacciatore di primo ordine, sempre pronto a tramare inganni; desidera il sapere e sa trovare le strade per arrivare dove vuole, e così cerca la sapienza per tutto il tempo della sua vita, è un meraviglioso indovino e ne sa di magie e di sofismi. E poi, per natura, non è né immortale né mortale. Nella stessa giornata sboccia rigoglioso alla vita e muore, poi ritorna alla vita grazie alle mille risorse che deve a suo padre, ma presto tutte le risorse fuggono via: e così non è mai povero e non è mai ricco.

 

Mito degli Androgini (Platone Simposio 189d-191d)


Innanzi tutto, i generi degli uomini erano tre, e non due come ora, ossia maschio e femmina, ma c’era anche un terzo che accomunava i due precedenti, di cui ora è rimasto il nome, mentre esso è scomparso. L’androgino era, allora, una unità per figura e per nome, costituito dalla natura maschile e da quella femminile accomunate insieme, e nella forma e nel nome, mentre ora non ne resta che il nome, usato in senso spregiativo. Inoltre, la figura di ciascun uomo era tutt’intera rotonda, con il dorso e i fianchi a forma di cerchio, aveva quattro mani e tante gambe quante mani, e due volti su un collo arrotondato del tutto uguali. E aveva un’unica testa per ambedue i visi rivolti in senso opposto, e quattro orecchi e due organi genitali. E tutte le altre parti ciascuno se le può immaginare da queste cose che ho detto.

Camminava anche diritto, come ora, in quella direzione che volesse. E quando si metteva a correre velocemente, come i saltimbanchi che volteggiano in cerchio a gambe levate, appoggiandosi sulle membra che allora erano otto, si spostava rapidamente ruotando in cerchio.

Perciò i generi erano tre e di queste nature, in quanto il maschio aveva tratto la sua origine dal sole, la femmina dalla terra e il terzo sesso che partecipa della natura maschile e di quella femminile, dalla luna, la quale partecipa della natura del sole e della terra. E le loro figure erano rotonde e così il loro modo di procedere, perché assomigliavano ai loro genitori. Erano terribili per forza e per vigore e avevano grande superbia, tanto che cercarono di attaccare gli dèi. E quello che Omero narra di Efialte e di Oto, si dice anche di loro, ossia che tentarono di scalare il cielo per assalire gli dèi.

Zeus e gli altri dèi, allora, tennero consiglio per decidere sul da fare e rimasero nel dubbio: infatti, non potevano ucciderli, e, fulminandoli come fecero con i Giganti, annientarne la razza, perché sarebbero scomparsi anche gli onori e i sacrifici che provenivano loro dagli uomini; e d’altra parte non potevano permettere quelle insolenze. Dopo aver a lungo meditato, Zeus disse: ‘Mi pare di aver a disposizione un mezzo che permetterebbe che gli uomini possano continuare ad esistere, e, divenuti più deboli, cessino di essere così sfrenati. Infatti ora – continuò – io li taglierò ciascuno in due, cosicché da un canto, essi saranno più deboli, e, d’altro canto, saranno più utili a noi, perché diventeranno maggiori di numero. E cammineranno diritti su due gambe. Ma se riterranno ancora di comportarsi in modo insolente e non vorranno starsene tranquilli, ancora una volta – disse – io li taglierò in due, in modo che saranno costretti a camminare saltando su una gamba sola’. Dopo aver detto questo, tagliò gli uomini in due, come quelli che tagliano le sorbe per farle essiccare, o come quelli che tagliano le uova con un crine. E per ciascuno di quelli che tagliava, dava incarico ad Apollo di rivoltare la faccia e la metà del collo verso la parte del taglio, in modo che l’uomo, vedendo questo suo taglio, diventasse più mansueto, e gli dava anche ordine di risanare tutte le altre parti. E Apollo rivoltava la faccia, e, tirando da ogni parte la pelle su quello che oggi vien chiamato ventre, come si fa con le borse che si contraggono, la legava nel mezzo del ventre, facendo una specie di bocca, il che ora si chiama ombelico. E spianava le molte altre pieghe e modellava i petti, servendosi di uno strumento come quello che i calzolai usano per spianare sulle forme delle scarpe le pieghe del cuoio. Ma ne lasciò qualcuna intorno al ventre medesimo e intorno all’ombelico, in modo che restasse un ricordo dell’antico castigo.

Allora, dopo che l’originaria natura umana fu divisa in due, ciascuna metà, desiderando fortemente l’altra metà che era sua, tendeva a raggiungerla. E gettandosi attorno le braccia e stringendosi forte l’una all’altra, desiderando fortemente di fondersi insieme, morivano di fame e di inattività, perché ciascuna delle parti non voleva fare nulla separata dall’altra. E quando una metà moriva e l’altra rimaneva in vita, quella rimasta cercava un’altra metà e si intrecciava con questa, sia che si imbattesse nella metà di una donna per intero, quella che ora chiamiamo senz’altro donna, sia che si imbattesse nella metà di un uomo. E in questo modo morivano. Allora Zeus, preso da compassione, ricorse ad un altro espediente. Trasportò gli organi del sesso sul davanti, perché fino ad allora gli uomini avevano anche questi nella parte esterna e concepivano e generavano non già fra di loro, ma in terra come fanno le cicale. Dunque, trasportò in tale modo questi organi sul davanti e fece sì che la generazione avesse luogo mediante l’uso reciproco di questi organi, per opera del maschio e della femmina. E lo fece per questo scopo, ossia affinché, se nell’amplesso si trovassero insieme un uomo e una donna, procreassero e riproducessero la stirpe. Se invece si incontrassero maschio con maschio venisse loro sazietà di quell’unione, e così cessassero e si rivolgessero al loro lavoro e si occupassero delle altre faccende della vita.

Dunque, da così tanto tempo è connaturato negli uomini il reciproco amore degli uni per gli altri che ci riporta all’antica natura e cerca di fare di due uno e di risanare l’umana natura.

 

 

mercoledì 11 novembre 2020

La psicologia delle folle, di Gustave Le Bon (1895), estratti dal testo

 

La psicologia delle folle (Parigi 1895)

Gustave Le Bon

 

La folla è sempre dominata dall’inconscio. Sparizione della vita cerebrale e predominio della vita midollare. Abbassamento dell’intelligenza...

Capitolo 1 (Caratteristiche generali delle folle)

In certe ore della storia, una mezza dozzina di uomini possono costituire una folla psicologica, mentre centinaia di individui riuniti accidentalmente potranno non costituirla... Il fatto più saliente manifestato da una folla psicologica é il seguente: quali si siano gli individui che la compongono, simile o dissimile sia il loro genere di vita, le loro occupazioni, il loro carattere o la loro intelligenza, il solo fatto che essi sono trasformati in folla, li fa partecipi di un'anima collettiva. Quest'anima li fa sentire, pensare e agire in un modo completamente diverso da come sentirebbero, penserebbero e opererebbero isolatamente... Contrariamente a un'opinione, che con stupore si nota in un filosofo così acuto come Erberto Spencer, nell'aggregato che costituisce una folla, non esiste somma o media di elementi, ma combinazione e creazione di nuovi caratteri, come nei fenomeni chimici... Tra un celebre matematico e il suo calzolaio può esistere un abisso sotto il rapporto intellettuale, ma dal punto di vista del carattere e delle credenze la differenza é spesso nulla o lievissima... Questa comunanza delle qualità consuete ci spiega perché le folle non saprebbero compiere atti che esigano un'intelligenza elevata... Le folle accumulano non l'intelligenza, ma la mediocrità.



Diverse cause determinano l'apparizione dei caratteri particolari alle folle. La prima consiste nel conferire agli individui di una folla, per il solo fatto del numero, un sentimento di potenza invincibile che permette loro di cedere agli istinti, che individui isolati avrebbero saputo frenare. L'individuo cederà tanto più volontieri inquantoché nella folla, essendo essa anonima, e di conseguenza irresponsabile, il sentimento della responsabilità che sempre trattiene gli individui, scompare completamente.

Una seconda causa, il contagio mentale, interviene ugualmente per determinare nelle folle la manifestazione di caratteri speciali e nello stesso tempo il loro orientamento. Il contagio é un fenomeno facile a constatarsi, ma non ancora spiegato, e che bisogna ricollegare ai fenomeni di ordine ipnotico che noi fra poco studieremo. In una folla, ogni sentimento, ogni atto é contagioso, e contagioso a tal punto che l'individuo sacrifica il suo interesse personale all'interesse collettivo. E questa un'attitudine contraria alla sua natura, e di cui l'uomo non diventa affatto capace se non allorquando fa parte di una folla.

Una terza causa, e assai più importante, determina negli individui in folla dei caratteri speciali a volte intensamente opposti a quelli dell'individuo isolato. Voglio dire della suggestionabilità, il cui contagio, sopra menzionato, non é del resto che un effetto... Le unità di una folla che posseggono una personalità abbastanza forte per resistere alla suggestione, sono in numero troppo esiguo e la corrente le trascina.

Dunque, annullamento della personalità cosciente,

predominio della personalità incosciente,

orientamento per via della suggestione e di contagio dei sentimenti e delle idee in un medesimo senso,

tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite:

tali sono i principali caratteri dell'individuo nella folla. Egli non é più sé stesso, ma un automa diventato impotente a guidare la propria volontà. Per il solo fatto di far parte di una folla, l'uomo discende di parecchi gradi la scala della civiltà. Isolato, sarebbe forse un individuo colto, nella folla è un istintivo, per conseguenza un barbaro. Egli ha la spontaneità, la violenza, la ferocia e anche gli entusiasmi e gli eroismi degli esseri primitivi. Si fa simile ad essi anche per la sua facilità a lasciarsi impressionare da parole, immagini, e guidare ad atti che ledono i suoi interessi più evidenti. L'individuo della folla é un granello di sabbia in mezzo ad altri granelli di sabbia che il vento solleva a suo capriccio.

 

Capitolo 2 (Sentimenti e moralità delle folle)

La folla non é soltanto impulsiva e mutevole. Come il selvaggio, essa non ammette ostacolo tra il suo desiderio e l'avverarsi di questo desiderio, e tanto meno quando il numero le dà il sentimento di una potenza irresistibile... la folla non può che essere d'una credulità eccessiva. Per essa non esiste l'inverosimile, e bisogna ricordarselo per capire la facilità con la quale si creano e si propagano le leggende e i racconti più stravaganti...

I sentimenti, buoni o cattivi, manifestati da una folla, presentano questo duplice carattere : di essere semplicissimi e assai esagerati... La supposizione si trasforma senz'altro in evidenza indiscutibile. Un principio di antipatia e di disapprovazione, che nell'individuo isolato rimarrebbe poco accentuato, diventa subito un odio feroce nell'individuo della folla... Anche la violenza dei sentimenti delle folle é esagerata, specie nelle folle miste, per l'assenza di responsabilità. La certezza dell'impunità, tanto più forte quanto più la folla é numerosa, e la nozione di un potere momentaneo considerevole dovuto al numero, rendono possibili alla collettività dei sentimenti e degli atti impossibili all'individuo isolato... Non essendo la folla impressionata che da sentimenti eccessivi, l'oratore che vuole sedurla deve abusare delle affermazioni violente. Esagerare, affermare, ripetere, e non mai tentare di nulla dimostrare con un ragionamento, sono i procedimenti di argomentazione familiari agli oratori di riunioni popolari...


La folla, non avendo nessun dubbio su ciò che per lei é verità o errore, e avendo d'altra parte la nozione chiara della propria forza, é autoritaria quanto intollerante. L'individuo può accettare la contraddizione e la discussione, ma la folla non le ammette mai... Le folle rispettano la forza e sono mediocremente impressionate dalla bontà, che é facilmente considerata come una forma di debolezza. Le loro simpatie non sono mai state per i padroni miti, bensì per i tiranni, che le hanno dominate con energia... Se esse volentieri calpestano il despota detronizzato, si é perché avendo questi perduto la sua forza, rientra nella categoria dei deboli che si disprezzano e non si temono. Il tipo dell'eroe caro alle folle avrà sempre la struttura di un Cesare.

 

Capitolo 3 (Le idee delle folle)

Si possono dividere in due classi. In una metteremo le idee accidentali e passeggere nate sotto l'influenza momentanea; il fanatismo per un individuo o una dottrina, per esempio. Nell'altra metteremo le idee fondamentali che, dato il modo come si ricevono, - l'eredità - sono molto stabili : come le idee religiose un tempo, e le idee democratiche e sociali oggi... Qualunque siano le idee suggerite alle folle, esse non possono diventare dominanti che alla condizione di rivestire una forma semplicissima e di essere rappresentate nel loro spirito sotto l'aspetto di un'immagine...

Se assai tempo occorre alle idee per stabilirsi nell'anima delle folle, un tempo non meno considerevole é necessario per uscirne. Di modo che le folle sono sempre, dal punto di vista delle idee, in ritardo di parecchie generazioni rispetto ai sapienti e ai filosofi...

I ragionamenti inferiori delle folle sono, come i ragionamenti elevati, basati su associazioni: ma le idee associate delle folle non hanno tra di loro che legami apparenti di rassomiglianza e di successione... quelle (le associazioni di idee) dell'operaio che, sfruttato da un padrone, ne conclude che tutti i padroni sono sfruttatori.

Dunque non sono i fatti in sé che colpiscono l'immaginazione popolare, bensì il modo come si presentano. Questi fatti devono condensarsi, se posso esprimermi così, in modo da produrre un'immagine impressionante che occupi e opprima lo spirito. Conoscere l'arte di impressionare l'immaginazione delle folle, vuol dire conoscere l'arte di governarle.

 

Capitolo 4 (Forme religiose assunte dalle convinzioni delle folle)

Abbiamo visto che le folle non ragionano... Abbiamo visto inoltre che le folle conoscono soltanto i sentimenti violenti ed estremi. In loro la simpatia diventa presto adorazione, e l'antipatia appena nata si trasforma in odio.

Questo sentimento ha delle caratteristiche semplicissime: adorazione di un essere ritenuto superiore, timore del potere che gli si attribuisce, sottomissione cieca ai suoi comandi, impossibilità di discutere i suoi dogmi, desiderio di divulgarli, tendenza a considerare come nemici tutti quelli che rifiutano di accettarli.

Le folle rivestono dello stesso potere misterioso la formula politica o il capo vittorioso che le affascina momentaneamente. Non si é religiosi soltanto quando si adora una divinità, ma anche quando si mettono tutte le risorse dei proprio spirito, tutte le sottomissioni della volontà, tutti gli ardori del fanatismo, al servizio d'una causa o d'un uomo... Le convinzioni delle folle hanno quei caratteri di sottomissione cieca, di intolleranza feroce, di bisogno di propaganda violenta inerenti al sentimento religioso; si può quindi dire che tutte le loro credenze hanno una forma religiosa. L'eroe acclamato dalla folla é, per essa, un vero dio.



Fattori remoti delle credenze delle opinioni delle folle

L’istruzione e l’educazione

In prima fila, tra le idee dominanti ai nostri tempi, si trova questa : l'istruzione ha per risultato sicuro di migliorare gli uomini e di renderli uguali... Molti filosofi eminenti, Erberto Spencer specialmente, faticarono poco a dimostrare che l'istruzione non rende l'uomo né più morale né più felice, che non cambia i suoi istinti e le sue passioni ereditarie e, se mal diretta, può diventare dannosa invece di utile. Le statistiche hanno confermato questa asserzione rilevandoci che la criminalità aumenta con la generalizzazione dell'istruzione, e che i peggiori nemici della società sono molto spesso dei laureati... Il primo pericolo di questa educazione - molto giustamente qualificata latina - é di basarsi su un errore psicologico fondamentale: credere che l'imparare a memoria dei manuali, sviluppi l'intelligenza. Quindi si cerca d'imparare il più possibile; e dalla scuola elementare all'università, il giovanetto non fa che impinzarsi del contenuto dei libri, senza esercitare mai il suo giudizio e la sua iniziativa. L'istruzione, per lui, consiste nel recitare e obbedire... Se questa educazione fosse soltanto inutile, ci si potrebbe limitare a compiangere disgraziati fanciulli ai quali si preferisce insegnare, invece di tante cose necessarie, la genealogia dei figli di Clotario, le lotte della Néustria e dell'Austrasia, o delle classificazioni zoologiche... L'acquisizione di conoscenze inutilizzabili é un sicuro mezzo per trasformare l'uomo in ribelle.