domenica 15 gennaio 2017

Charlot Commesso




Lavoro a cura di Eleonora D’Acunto, Gaja Esposito, Greta D’Anna, Silvia Bennici, Sara Fiori della classe I^LD del Liceo Scientifico “A. Vallisneri” di Lucca, novembre 2016

Charlot commesso

Titolo originale: The floorwalker
Paese di produzione: USA, Mutual production   Anno: 1916    Durata: 30 minuti
Regia e sceneggiatura: C. Chaplin
Attori: Charlie Chaplin, Eric Campbell, Edna Purviance, Lloyd Bacon, Albert Austin
Trama: Il direttore di un grande magazzino e il suo aiutante hanno nascosto del denaro ma sembra che la frode sia stata scoperta (senza individuare i colpevoli) e dei detective faranno visita al grande magazzino.

 
Charlot si trova in quel grande magazzino dove prova diversi articoli senza comprarne nessuno. Il direttore ed il suo aiutante, che si sentono braccati, meditano su cosa fare dei soldi appena rubati. Charlot, incredibilmente simile all’aiutante del direttore, verrà preso di mira da uno dei detective sopraggiunti, che lo crede il vero ladro. Allora inizia l’inseguimento tra loro due, che si focalizza sulla scala mobile. Charlot si ritrova negli uffici dell’amministrazione, dove incontra il suo sosia, che ha appena fatto perdere i sensi al direttore per prendersi il bottino della loro truffa prima di essere scoperti.
 
Il sosia maliziosamente propone all’ignaro Charlot uno scambio di ruoli, per riuscire meglio nel suo piano di fuga. Charlot, a cui non par vero di vestire i panni del caporeparto, si cala perfettamente nella parte e dà ordini al commesso che prima lo voleva cacciare. Il detective trova il vero caporeparto e, credendolo Charlot lo ferma. A quel punto la borsa con il vero bottino viene data a Charlot.
Il direttore, credendolo il suo socio d’affari, inizia a malmenarlo, ma discretamente: infatti non vuole attirare l’attenzione di una bella detective che si è aggiunta nelle indagini e che già sospetta di lui. L’intervento definitivo dei detective ristabilirà la verità e l’equilibrio del negozio.
 

Rassegna Stampa
The floorwalker (Charlot caporeparto o Charlot commesso) è il primo film Mutual di Chaplin. Ecco come Terry Ramsaye descrive la genesi del film:

Prima di tutto le comiche di Chaplin non vengono realizzate. Esse accadono. L’attore ha solo tre settimane per decidere la trama che gli permetterà di tirar calci a qualcuno per la delizia di milioni di persone in attesa, monetina da dieci cent alla mano, di fronte al botteghino dei teatri… Per due settimane e sei giorni Chaplin si è aggirato per New York, fra l’ora della colazione al Plaza e della cena in qualche ristorante della città. E un giorno in cui si sentiva disperatamente a corto di idee vide sulla Sesta Avenue all’altezza della Trentaduesima un pedone che incampava e scivolava giù dalla scala mobile della sopraelevata. Tutti si misero a ridere, ma non Chaplin. Chaplin aveva gli occhi illuminati. E con la stessa luce negli occhi partì subito per il suo studio a Los Angeles. Così è nato Charlot Caporeparto. A Chaplin non importava nulla del commesso come tipo umano; quel che voleva erano le potenzialità comiche della scala mobile come sorgente di guai, ruzzoloni e risate. Charlot caporeparto è stato costruito intorno alla scala mobile, non intorno alla figura del commesso. Ed è una storia tipica, nel senso diagnostico, della costruzione delle comiche di Chaplin, che vengono tutte ideate intorno a qualche cosa…
 

Intorno a quel particolare qualcosa Chaplin crea un intero grande magazzino: al piano terreno articoli per la toeletta, valigie e necessaire per il viaggio, scarpe e calze per signora, il tutto sorvegliato dal sospettoso Albert Austin; al primo piano si trovano gli uffici dove il direttore, un Eric Campbell dai baffoni più imponenti che mai, progetta appropriazioni indebite su vasta scala con la complicità del capo reparto Lloyd Bacon; quanto ai clienti sono tutti ladri o ladre dal primo all’ultimo, favoriti in questa loro attività dal fatto che il malevolo sguardo di Austin si appunta costantemente sull’innocente Charlot. Inseguito da Austin, Charlot scappa al piano superiore e incontra il caporeparto, che gli somiglia come una goccia d’acqua.
 
Questi, avendo appena ingannato il direttore suo complice, gli offre di scambiarsi di posto con lui, e Charlot che nulla sospetta, è ben lieto di accettare; ma quando arriva il direttore, il suo inseguimento di Charlot culmina in un caos generalizzato e irresistibile. E’ un ritorno alla farsa elementare, con ben poca dell’ironia e sentimentalismo che si erano via via profilati nel periodo dell’Essanay (Edna ha solo una piccola parte, quella della segretaria del direttore): Ma le gag sono scandite con innegabile virtuosismo: le corse su e giù per la scala mobile sono un miracolo di ritmo e di coreografia. Anche lo scontro di Charlot con il minaccioso e gigantesco direttore è ricco di momenti per lo meno inconsueti. Charlot si scosta improvvisamente per distrarre l’avversario con due o tre passi di danza classica; poi il direttore afferra Charlot per il collo e lo trascina per tutta la stanza. Il meccanismo elaborato che produce questo effetto – Chaplin era sospeso ad un filo invisibile, in modo che Campbell non facesse alcuno sforzo visibile per sollevarlo – non si avverte minimamente, tanto perfetta è l’esecuzione.
 
E non manca una variazione virtuosistica su un vecchio numero da music hall, già ampiamente sperimentato da Max Linder: entrando nell’ufficio del caporeparto, Chaplin vede di fronte a sé una figura talmente somigliante alla sua che non puç che pensare di essere davanti a uno specchio, e ciascuno continua a riprodurre così esattamente le azioni dell’altro che l’illusione ottica continua finché Charlot si rende conto che al posto del suo bastoncino l’altro ha un sacchetto (con i denari rubati). Una scena precedente nel reparto profumeria fornisce invece l’occasione per un saggio di comicità basata sul carattere anziché sulla situazione esterna: Charlot riempie un bicchiere con l’acqua di una fontanella e si avvicina al banco, dove usa tutti gli articoli esposti e i campioni in offerta per radersi e profumarsi, sotto gli occhi infuriati di Austin; quando ha finito di servirsi di quelle costose creme e lozioni, le ributta sul banco con il disdegno di un cliente insoddisfatto.
 
A variazioni ulteriori su temi favoriti ritorniamo invece in altre sequenze, come quando, servendo nel reparto calzature una cliente, Charlot aziona un ventilatore per liberarsi dai vapori e dal fumo che promanano dai piedi surriscaldati della signora. E le ricorrenti sfumature omosessuali sono palesi nella scena in cui Charlot e il commesso capiscono di non essere davanti a uno specchio: il commesso allunga una mano per colpire la guancia di Charlot, e questi, fraintendendolo, risponde alla supposta carezza con un bacio. Un altro bacio, più tardi, sarà stampato da Charlot sulla fronte grinzosa di James Kelly, che interpreta il più vecchio fattorino d’ascensore mai apparso sullo schermo. (Tratto da Chaplin, La vita e l’arte a cura di David Robinson).
 

venerdì 6 gennaio 2017

Il romanzo di Tillie

Lavoro a cura di Andrea Zanini e Margherita Venturini della classe I^LC del Liceo Scientifico "A. Vallisneri" di Lucca, novembre 2016


Il romanzo di Tillie


Titolo originale: Tillie’s Punctured Romance

Produzione: Keystone, USA 1914

Regia: Mack Sennett

Sceneggiatura: Mack Sennett, tratta dalla commedia “Tillie’s Nightmare”

Interpreti: Marie Dressler (Tillie), Charles Chaplin, Mabel Normand (Mabel), Mack Swain (il padre di Tillie)

Durata: 38’ (6000 piedi)


Riassunto della trama:

Tillie è una giovane ma non avvenente ragazza di campagna, che incontra casualmente un vagabondo (Charlie Chaplin, non ancora nella sua maschera di Charlot). Questi si accorge che il padre di lei è molto ricco e per interesse inizia a corteggiare la ragazza.
Il vagabondo convince Tillie, maltrattata dal padre, a fuggire con lui portandosi dietro i soldi del padre. Arrivati in città, i due incontrano la vecchia fidanzata che il vagabondo aveva precedentemente abbandonato.

Il vagabondo raggira la povera Tillie, facendola ubriacare e rubandole i soldi, fuggendo poi con il malloppo in compagnia della sua vecchia ragazza.
Tillie ubriaca viene incarcerata, ma subito liberata quando si scopre che è nipote di un multimiliardario. Nel frattempo il vagabondo ha speso i soldi rubati in abbigliamento e, con la propria ragazza, appaiono formare ora una tipica coppia ricco borghese.

Nel frattempo Tillie trova un lavoro come cameriera in un ristorante.

Lo zio di Tillie, disperso su un ghiacciaio, scompare e viene dato per morto; quindi la sua eredità passa alla nipote Tillie. Charlie venendo a sapere dell’eredità lascia la sua morosa per sposarsi con la ricca Tillie. Dopo essersi sposato arriva la notizia che lo zio non è morto, quindi Tillie perde l’eredità e Charlie la lascia per tornare a vivere da solo. La rabbia di Tillie però non si fa attendere; la non più ricca ereditiera insegue il vagabondo e la ritrovata fidanzata per consumare la propria vendetta.
Alla fine il vagabondo viene abbandonato da entrambe le ragazze.

Rassegna stampa:

Il romanzo di Tillie, presentato tre settimane prima, è invece l’ultimo film in cui Chaplin sarebbe apparso sotto la direzione di un altro regista (eccettuate alcune brevi apparizioni straordinarie negli anni venti), il primo e l’ultimo il cui interpreta il ruolo di spalla per un’altra star: forse per questo motivo nella sua biografia liquida con poche parole il film, che pure doveva essere il suo primo lungometraggio e una tappa fondamentale nella crescita della sua popolarità. “è stato piacevole lavorare con Marie (Dressler), ma il film, mi pare, non era gran che, e fui ben felice di ritornare a dirigermi da solo”.
Primo lungometraggio comico nella storia del cinema (precedentemente nessuna comica, in nessun paese del Mondo, aveva superato un terzo dei  90 minuti di proiezione, equivalenti a sei rulli), il romanzo di Tillie può essere stato suggerito a Sennet dall’ambizione di rivaleggiare con il suo partner alla Triangle.  (da “Chaplin” di David Robinson)

Commento finale:

In una fase ancora embrionale nella formazione del personaggio di Charlot, Chaplin, qui diretto da Sennett, è ancora imbracato (come nelle ultime inquadrature) in sceneggiature e storie che non sono completamente sue. L'inseguimento finale, a tratti confuso, è di chiara matrice sennettiana. E’ interessante, semmai, la tratteggiatura del personaggio del vagabondo che qui è chiaramente un imbroglione sciupafemmine. Il cinismo del vagabondo si ritroverà in Monsieur Verdoux dove la misoginia chapliniana raggiungerà le vette più alte. La punizione finale del vagabondo (condotto via dai poliziotti mentre le due donne raggirate sembrano aver trovato una comune solidarietà) ricompone l’happy end nella direzione classica del malfattore punito (e della vittoria dell’eroina); resta però il personaggio chapliniano nella galleria degli Charlot più perfidi e arrivisti che possiamo ricordare. (Pier Dario Marzi)




lunedì 2 gennaio 2017

Easy Street

Easy Street


Lavoro a cura di Selena Antonelli, Lisa Barsanti, Michelangelo Pazienza, Rita Vezzoni della classe II^LD del Liceo Scientifico "A. Vallisneri" di Lucca. Dicembre 2016



La strada della paura


Titolo originale: Easy Street

USA 1917; Produzione: Mutual; durata: 23'

Attori: Charlie Chaplin, Edna Purviance, Eric Campbell

Regia: Charlie Chaplin




Riassunto della trama

La comica si apre con Charlot (Charles Chaplin) che dorme sotto le scalinate di una chiesa e viene svegliato dalla voce di una cantante (Edna Purviance) che si trova all'interno.


Charlot entra e finita la Messa tenta invano di conoscere la cantante da cui è irresistibilmente attratto, ma è troppo povero, tenta addirittura di rubare le offerte e non può certo aspirare ad una fanciulla del genere; a malincuore è costretto ad andarsene.


La scena si sposta sulla cosiddetta strada della paura (Easy Street) dove c'è il caos: i poliziotti vengono picchiati e rispondono a loro volta. I poliziotti che tornano alla caserma sono mal ridotti e vengono medicati, qui entra in scena Charlot che passando per quella zona legge di un avviso di reclutamento come poliziotto. Charlot, pur intimorito da un poliziotto che si trova sulla porta e che sembrerebbe impedirgli l’accesso, trova il coraggio ed entra deciso nel commissariato. Il comandante dei poliziotti lo esamina, lo recluta e lo incarica di andare a pattugliare in quella che chiamano “La strada della paura”.


Inizialmente Charlot viene preso in giro nel suo nuovo ruolo di poliziotto in cui non si sente esattamente a suo agio.
Un omaccione (Eric Campbell), una sorta di boss del quartiere da tutti rispettato e temuto, incontra Charlot e cerca di intimorirlo, ma Charlot riesce a metterlo K.O. grazie al suo ingegno, intrappolandolo e asfissiandolo in un lampione a gas. Subito dopo Charlot chiama rinforzi dalla caserma. Fiero della propria impresa diventa lui stesso temuto nella Strada della paura. I rinforzi non tardano ad arrivare, e mentre l'omaccione è svenuto, lo portano in caserma, ma questi si riprende e liberatosi dalle manette e dai poliziotti riesce a tornare nella strada della paura.


Nel frattempo Charlot si accorge che una donna sta rubando del pane (è la moglie dell’omaccione catturato), ma rendendosi conto della sua povertà ha pietà di lei; non solo, quindi, le lascia prendere il pane ma la aiuta a rubare anche altro cibo da portare a casa. L’omaccione, di nuovo libero, si reca subito a casa propria e non tarda ad arrivare un violento confronto con sua moglie. Charlot, che incontra la ragazza conosciuta in chiesa, si reca con lei nella povera dimora di una squinternata famiglia carica di bambini, dentro cui la ragazza opera caritatevolmente. Casualmente richiamato dalla lite nella casa dell’omaccione, Charlot fa irruzione nella sua casa dove ha inizio un dinamico e violento scontro, seguito da pirotecnici inseguimenti.


La scena si sposta in un sottoscala in cui hanno rinchiuso, dopo averla catturata, la ragazza di cui è innamorato Charlot; qui dentro troviamo due immigrati russi, uno dei quali si sta drogando.
L'uomo drogato inizia a rincorrere la ragazza tentando di stuprarla ma fortunatamente arriva Charlot (in realtà gettato nel sottoscala da una banda del quartiere che lo aveva sopraffatto) che, cadendo casualmente sulla siringa di droga, trova energie inaspettate e riesce a salvarla. Alla fine tutti fanno pace e la tranquillità torna nella strada della paura.




Rassegna stampa

Nonostante l’aspetto ridicolo ed inoffensivo dei poliziotti, sono sempre portatori d’un ordine che è prevaricazione, giustificati dalla convenzione dell’ordine sociale. E se i poliziotti non riescono a neutralizzare   la brutalità di Eric Campbell (l’omaccione) vi riesce Charlot, il quale da elemento di disordine diventa elemento d’ordine...


Sempre riguardo al ruolo dei poliziotti nel film, Chaplin poco prima dell’uscita fece queste dichiarazioni:
“Se c’è una categoria che l’intera umanità guarda in genere con una certa antipatia, è quella dei poliziotti. Non è colpa di questi ultimi, se esiste questa sorta di pregiudizio contro la loro uniforme; si tratta della naturale antipatia: in ogni caso tutti sono contenti quando un poliziotto viene sistemato per le feste. Per questo, fin dall’inizio, metto in chiaro che non sono un vero poliziotto, ma che mi hanno messo lì con lo speciale incarico di sistemare un omaccione prepotente. Ovviamente ho il mio bel da fare, e la simpatia del pubblico è con me, ma non manca la suspense necessaria a un soggetto cinematografico. Tutti pensano automaticamente che il poliziotto avrà la peggio e stanno a vedere con interesse come me la caverò nel mio scontro impari con l’enorme Campbell. Un ulteriore elemento di comicità nasce dal contrasto fra il mio modo di camminare e i miei atteggiamenti ridicoli, e il concetto di dignità e di seriosità che in genere circonda le forze dell’ordine.” (Chaplin di David Robinson)

Commento finale
Le origini di Chaplin si perdono nei quartieri più malfamati di Londra da cui parte la sua avventura terrena. Easy Street è proprio la strada del quartiere nel quale sarebbe nato il grande attore (leggende si rincorrono sui suoi natali). Questo suo piccolo film segna l’ideale ritorno proprio a quel luogo natale, per quanto sia chiaro che La strada della paura (superficiale traduzione italiana dell’originale Easy Street) del titolo si trovi a Los Angeles. La strada carica di violenza e povertà è certamente nei ricordi d’infanzia di Chaplin, che riapre quel malfamato palcoscenico per ritornarvi da eroe e riportare l’ordine e la prosperità.


E’ il sogno ingenuo di un bambino mai cresciuto che vorrebbe che il mondo (ed in particolare il mondo da cui proviene) abbandonasse il Male per colorarsi dei segni della speranza e dell’amore. E’ il sogno ricorrente nel cinema di Chaplin (basti ricordare il sogno ne Il monello), qui particolarmente carico di un significato biografico. Che la giovane cantante della chiesa sia il motore del bisogno di Charlot di ritrovare una dignità superiore attraverso il lavoro, sembra soltanto un artificio narrativo per permettere al povero vagabondo di vestire i panni di coloro che sempre hanno perseguitato il povero Charlot, i poliziotti, offrendo al personaggio di Chaplin la possibilità di riportare l’’ordine e la pace nel suo piccolo mondo (e di trovare una dignità personale che lo renda degno dell’amore della devota e religiosa fanciulla, che la prima volta che aveva incontrato lo aveva colto a rubare dalla cassetta delle elemosina in chiesa). Chaplin, attraverso Charlot, torna nella sua Easy Street con la divisa di chi merita rispetto e timore, timore e rispetto che il giovane baffuto ottiene però soltanto con il compiersi di una straordinaria impresa (la cattura dell’omaccione, boss del quartiere). Il sogno della rispettabilità riconosciuta dagli altri (forse anche da quei genitori che Chaplin ha perso troppo presto), il sogno del riscatto sociale sono i temi di questo film che non manca di elementi cruenti (il povero emigrato russo che si droga, la scena, pur comica, di violenza domestica)


e che anticipa parecchie gag dei suoi film più famosi (Charlot drogato per caso e che grazie alla droga trova risorse inaspettate tornerà in Tempi moderni; Edna Purviance che si aggira come una dama di carità nei bassifondi la ritroveremo ne Il monello; la stessa presenza di immigrati russi, compreso il grasso barbone, che ritroviamo citata ne L’immigrante). Il finale, alla luce di quanto detto, non risulta appiccicato come potrebbe parere ad una prima visione. Charlot veglia su un mondo finalmente ordinato e pacifico, su cui domina l’effigie di una chiesa con la sua missione di speranza. (Pier Dario Marzi)